Io e Sharon Stone?
L’ho presa per la gola Marco Toracca
Ha conquistato Sharon Stone, la star più seducente del pianeta, l’accavallo di gambe più rovente del globo, con il ragù e con un semplice piatto di melanzane alla parmigiana. Lei è Rossella Rizzato, spezzina, effervescente ex modella nella Milano degli effimeri anni Ottanta, poi per anni cuoca per conto di casa. La diva americana, che vive con i genitori, ama infatti la cucina italiana. Se la cinquantenne Sharon fa ancora girare la testa un po’ del merito è della anche della dieta mediterranea di Rossella. «Sono partita da via 20 settembre . Poi Milano e l’America», spiega l’ex modella della Milano anni ’80. Quella “da bere” raccontata dai fratelli Vanzina con via Montenapoleone, gli yuppy rampanti. «Oggi è diverso. All’epoca c’erano voglia di divertirsi e tanti soldi». A Milano Rizzato rimane il tempo degli scatti, delle pose e dei défilé. Poi vola a Los Angeles, in California: «Perché mi sentivo chiusa».
Il sogno americano è soprattutto lavoro, meglio: tanti lavori. Alla fine l’intuizione: offrirsi ad un’agenzia in qualità di cuoca specializzata nella cucina italiana e ligure.
L’idea di cucinare per le star di Beverly Hills i migliori piatti della dieta mediterranea ha successo. Le richieste fioccano. Rosella corre da una villa ad un’altra: le cucine supertecnologiche delle stelle di Hollywood diventano il regno di Rossella. Tutto sembra andare per il meglio. Finché un giorno l’automobile della personal chef spezzina finisce in panne. Cofano fumante in un viale che pare non avere fine tra un’altrettanto teoria di ville “blindate” della dorata Beverly Hills. Il tempo stringe. Bisogna mettersi ai fornelli, ma l’auto non ne vuole sapere di ripartire. «Ma io sono ottimista e ho una volontà di ferro - racconta Rossella - . Mi sono detta: ma chi l’ha detto che non è giornata? Forza, diamoci da fare. Il carattere si vede quando le cose ti vanno male nel giorno in cui tutto dovrebbe essere ok. Così ho proseguito a piedi cercando la residenza cui l’agenzia mi aveva indirizzata».
Sapeva di andare dalla signora Stone?
«No. Sapevo solo che il committente era un personaggione anche in rapporto alla zona. Tutto lì»
Perché una modella decide di lasciare Milano e di emigrare negli Usa per mettersi ai fornelli?
«Volevo provare a vivere a Los Angeles. Sono partita dall’Italia con in tasca solo il biglietto aereo e una valigia. Arrivata negli States ho cominciato a guardarmi intorno a cercare di cogliere occasioni e opportunità. Negli Stati Uniti si può fare. È diverso da qui. Se hai voglia puoi farti spazio. I sogni si realizzano. Non serve il curriculum pieno di referenze, le raccomandazioni non sono essenziali. Se vuoi ce la fai».
Insomma ha preceduto la dottrina Monti-Fornero-Martone...
«Precisiamo: gli States sono un altro mondo. Qui i giovani stanno a casa fino a 30 anni perché non ci sono le condizioni economiche per stare da soli. Se vogliamo imitare l’America va fatto al 100%».
Cuoca e altro ancora?
«Sì anche autista di Limousine e non avevo mai guidato una macchina così».
Come ha imparato a cucinare?
«Merito di mamma. La cucina italiana fa impazzire gli americani. Stravedono per le pietanze semplici alla ligure».
Il primo piatto per Sharon?
«Melanzane alla parmigiana. Pollo all’arancia. Polpette di carne e un gelato alla vaniglia».
Cosa ha pensato quando i genitori della diva si sono presentati?
«Per un attimo niente. Ho realizzato vedendo le sue foto alle pareti. Ho capito e mi sono detta this job is mine»
Perché gli Stone avevano bisogno di una personal chef?
«Il padre era allergico al glutine e voleva qualcuno che cucinasse così».
Lei era esperta?
«No. Ma non l’ho detto».
Il piatto preferito della divissima?
«Il ragù. Ne va matta».
Quanto stava in casa della Stone?
«Mattina e pomeriggio fino a sera. C’era anche mio figlio piccolo».
Com’è la Stone che gira per casa?
«Jeans e maglietta. Acqua e sapone».
Quale opinione si è fatta di Sharon Stone?
«È un antistar. Non è capricciosa. È tosta, dolce e sincera. Percepisce molto le persone e le sensazioni. Di certo è la donna più bella del mondo. I suoi occhi sono acquamarina».
Per quanto tempo ha lavorato per la famiglia Stone?
«Due anni dei dodici che ho trascorso negli Stati Uniti»
Tra i suoi compiti c’era anche di procurare la spesa?
«Sì».
Panetterie, lattaio...?
«Andavo al megastore di Beverly Hills. Sulla fidelity card c’era il mio nome con la scritta “personal chef” di Sharon Stone».
A che ora si cena a casa Stone?
«Lei alle 21. I genitori alle 19. A volte insieme. Spesso cucinavo anche per alcuni eventi a San Francisco. C’erano lei e il marito Phil Bronstein (secondo ex consorte, editore)».
La villa?
«Grande, ma elegante, molto europea. Tre piani: piscina, parco, quadri di valore inestimabile ovunque: da Botero a Picasso. C’è anche un cinema con una sala che potrebbe ospitare decine di spettatori».
Animali?
«Un gatto grigio».
Sharon si portava il lavoro a casa?
«In America dicono: se tu vivi con uno psicopatico te lo porti anche dal panettiere. Uguale per il lavoro. Quando fai un personaggio diceva la Stone lo sei 24 ore al giorno».
Cucinare è?
«Poesia. Il cibo trasmette quello che abbiamo dentro. Chi lo mangia lo avverte. Tra i fornelli non uso grassi e faccio una cucina delicata».
Torni a Milano. Era proprio da bere come nei film?
«Sono un po’ troppo romanzati ma al netto di quello sì. C’era voglia di arrivare. Il mito era Carol Alt, testimonial degli anni Ottanta. Le agenzie cercavano volti come i suoi. Però a Milano in quegli anni si cresceva. Per una ragazza andare lì dalla provincia voleva dire avere le palle. E se avevi personalità potevi diventare qualcuno in ogni settore».
E oggi?
«Mi pare un mescolone: tra veline e reality».
Il primo impiego negli Stati Uniti?
«Mi sono presentata ai ristoranti come chef anche se non lo ero. Mi ha preso un locale italiano. Poi chef al Fornaio di Beverly Hills ristorante frequentato da gente bene, politici e attori».
Il suo segreto?
«Il carattere, voglia di fare e mai farsi vedere deboli».
Tornata in Italia che cosa fa?
«Ho fondato l’associazione Soul to Soul a Riccò del Golfo in insieme a Jenny Grassi. Siamo attivi in una palazzina liberty del primo ‘900. Ci sono sessanta soci. Organizziamo gite per i boschi, escursioni camminata sedute di rilassamento e il bagno di gong».
Che cos’è?
«Per un ora il master gong Massimo Piazza fa vibrare il gong e la gente si rilassa tra cibi naturali».
Che cosa le ha insegnato la sua esperienza?
«Se ti vuoi bene tutto cambia. Se uno è forte raggiunge gli obiettivi. Ti devi amare».
Di Spezia che cosa pensa?
«Se puntassimo tutto sul turismo saremmo ok. Siamo circondati di bellezze, ma chiusi».
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